Il valore della produzione italiana di macchinari per l’agricoltura, la cura del verde e la relativa componentistica cresce nel 2021 e si attesta sui 13,7 miliardi di euro. A spingere la produzione made in Italy è in buona parte la domanda estera, che comporta una crescita delle nostre esportazioni del 20,5% nel 2021, e del 9,7% nel primo trimestre di quest’anno. L’impennata dei costi di produzione, tuttavia, rischia di rallentare gli attuali ritmi produttivi e di incidere anche sui prezzi di listino dei macchinari in commercio.
Produzione in crescita nel 2021 per l’industria italiana delle macchine agricole. Le trattrici “made in Italy” chiudono l’anno con un totale di 59 mila unità prodotte, per un valore di 2,1 miliardi di euro e un incremento del 18,7% rispetto al 2020, mentre le attrezzature e le altre tipologie di macchine agricole vedono salire il valore della produzione a 6,2 miliardi di euro (+19,9%). Il segmento di produzione relativo alle “parti di trattrici” e “ricambi” segna anch’esso una crescita consistente (+21%) e supera quota 1,1 miliardi. Aggiungendo a questi dati quelli relativi all’ampio comparto della componentistica di settore, che si stima abbia raggiunto nell’anno un valore di 3,3 miliardi di euro, e quelli relativi alle macchine e attrezzature per il giardinaggio (970 milioni), il valore complessivo della produzione del settore agromeccanico italiano nel 2021 si attesta sui 13,7 miliardi di euro.
Circa il 30% della produzione nazionale – è stato spiegato nel corso dell’assemblea annuale FederUnacoma che si è tenuta a Varignana (Bologna) – viene assorbito dal mercato interno, che lo scorso anno ha avuto un andamento particolarmente positivo, mentre una quota maggioritaria, pari a circa il 70% del totale, è destinata a soddisfare la domanda proveniente dai mercati esteri. I dati Istat sul commercio estero (riferiti alle categorie trattrici, parti di trattrici e macchine agricole) indicano infatti a fine 2021 un valore delle nostre esportazioni che supera i 6,2 miliardi di euro (+ 20,5% rispetto all’anno precedente) mantenendo un attivo della bilancia commerciale di settore di 4,4 miliardi. Trattrici e macchinari agricoli prodotti in Italia – è stato ricordato nel corso dell’incontro – vengono esportati in massima parte nei Paesi dell’Unione Europea (il 66% dell’export di trattrici e il 50% dell’export delle altre macchine) e una quota consistente viene indirizzata verso i Paesi dell’Europa non comunitaria (12% della voce trattrici e 15% delle voci relative alle altre tipologie di macchine). Fuori dal continente il principale mercato di destinazione restano gli USA, che assorbono il 7,5% delle nostre esportazioni di trattrici, e il 12,7% dell’export di altre macchine e attrezzature agricole. Il buon andamento del 2021 è proseguito anche nei primi mesi dell’anno in corso giacché il lieve calo avutosi nell’export di trattrici (-3,14% in valore) è stato compensato dall’incremento registrato per le altre tipologie di macchine (+15% in valore), così da determinare nel primo trimestre 2022 una crescita complessiva delle nostre esportazioni del 9,72% rispetto allo stesso periodo del 2021.
In uno scenario caratterizzato da un’elevata domanda di macchinario agricolo pesano tuttavia le variabili relative ai costi di produzione, sempre più alti per l’impennata delle forniture energetiche, delle materie prime ferrose e dei materiali plastici. Da aprile 2021 ad oggi – è stato ricordato nel corso dell’Assemblea – l’indice dei prezzi delle materie prime ha registrato un incremento complessivo imponente (+72%), e in netta crescita risultano anche i costi della produzione agricola.
“Anche se i prezzi delle derrate agricole sono cresciuti in questi mesi andando a compensare, in una certa misura, l’aumento dei costi di produzione agricola – ha commentato il Presidente di FederUnacoma Alessandro Malavolti nel suo intervento all’Assemblea – i rincari minacciano comunque di danneggiare il mercato delle macchine: nel corso dell’anno le aziende agricole potrebbero avere meno margini per investire nell’acquisto di mezzi nuovi, e nello stesso tempo l’industria potrebbe essere costretta a ritoccare i listini per assorbire il consistente aumento dei propri costi di produzione”.