Castagne e marroni -40% nel bolognese

Confagricoltura e Consorzio Castanicoltori: “Valutiamo invasi d’acqua contro la siccità”

Un crollo della produzione del 40% rispetto all’anno scorso e una ferita che torna a riaprirsi per l’intero Appennino Bolognese. Il settore della castanicoltura – considerato custode della biodiversità, risorsa per il ripopolamento della montagna e cardine nella lotta al cambiamento climatico – torna fare i conti in questa stagione di raccolta con gravi problemi produttivi.  

A causare i danni rilevanti che hanno determinato il crollo della produzione è stato proprio il clima, con i mesi torridi di luglio e agosto: la forte siccità ha infatti condizionato in negativo la produzione autunnale delle castagne e dei marroni.

“La situazione è complicata – commenta Claudio Cervellati, responsabile dell’Ufficio Forestazione di Confagricoltura Bologna – perché la siccità estiva ha influenzato in maniera negativa la raccolta, facendola iniziare molto più in ritardo rispetto al solito e riducendo la capacità produttiva delle piante”.

I primi rilevamenti infatti non mentono: la produzione di castagne e marroni è calata del 40% rispetto ai valori registrati nel 2020, che erano di 7 quintali medi per ettaro mentre quest’anno si attestano circa sui 4,5-5 quintali per ettaro.

“C’è grande rammarico perché l’allegagione era stata perfetta, quasi da manuale, e c’erano tutti i presupposti per superare la produzione dello scorso anno” analizza Renzo Panzacchi, presidente del Consorzio Castanicoltori dell’Appennino Bolognese. “Purtroppo i due mesi di totale siccità di agosto e settembre hanno causato problemi per la nutrizione dei ricci che, invece di contenere i tradizionali 2-3 frutti ciascuno, ne hanno generato uno solo in quanto privi del nutrimento necessario”.

Oltre alla siccità, non sono mancati i danni causati dagli insetti: in particolare le cydie, lepidotteri che infestano le castagne penetrando nel frutto, e il cinipide del castagno.

“Se da una parte non abbiamo riscontrato problemi dovuti dalle fitopatie, purtroppo permane quello delle cydie” spiega infatti Panzacchi. “I frutti prodotti sono stati meno del solito e gli insetti li hanno colpiti ripetutamente causando un danno intorno al 40%. Per quanto riguarda invece il cinipide, le maggiori difficoltà sono state registrate nella zona di Castel Del Rio nella Vallata del Santerno, in territorio imolese, mentre la situazione appare più rosea nell’Appennino Bolognese”.

Per affrontare questi problemi diventa fondamentale ragionare sulle strategie da seguire, considerando che molte aziende del territorio hanno difficoltà nel chiedere risarcimenti “perché vengono riconosciuti solo in caso di danni del 30% sul totale del raccolto complessivo di un’azienda agricola, ma qui non si tratta di realtà monocolturali, pertanto diventa impossibile ottenerli se altre campagne produttive sono andate fortunatamente meglio”.

Le soluzioni devono quindi partire dalle attività di prevenzione dei danni. Tra le idee in campo c’è la realizzazione degli invasi per affrontare la siccità estiva, mentre per combattere le cydie sono stati testati prodotti a base di fermoni, che hanno ridotto il danno del 50% negli ultimi anni.

“La possibilità degli invasi è molto interessante ma non di facile realizzazione – analizzano in conclusione Panzacchi e Cervellati – perché il territorio dell’Appennino è molto critico da un punto di vista idrogeologico. Ci vorrà del tempo: è una strategia che deve essere studiata nei minimi dettagli, ma non possiamo esimerci dal portarla avanti, sollecitando le Istituzioni in tal senso”.