All’industria serve più riso per il mercato europeo

La siccità, che lo scorso anno ha reso improduttivi 26000 ettari, rischia di spingere a preferire la coltivazione di mais e soia. Il prezzo al consumo del riso è aumentato del 35,5% (novembre 2021-2022) attestandosi come il prodotto alimentare che ha subito il maggior aumento in termini di prezzo al consumo. Gli agricoltori pronti a rispondere ma servono infrastrutture per la gestione dell’acqua.

I consumi di riso in Italia e nell’Unione Europea sono in aumento: dal 2012 al 2022 sono cresciuti del 34% secondo i dati Ente Risi e continuano a venire soddisfatti con prodotto nazionale, coltivato nelle nostre provincie risicole, salvo un consumo crescente degli ultimi anni di riso Basmati. Nello stesso periodo, secondo dati DG AGRI, il consumo UE è aumentato circa del 20%: le industrie italiane hanno mantenuto i volumi verso l’Europa, ma non hanno potuto avvantaggiarsi dell’aumento dei consumi comunitari.

Oggi l’industria nazionale colloca il 38% della sua produzione nel nostro Paese, il 47% in Europa e il 15% nel resto del mondo. Per soddisfare il mercato unico europeo le industrie italiane hanno bisogno che se ne coltivi di più per evitare di perdere egemonia cedendo quote di mercato a vantaggio del riso d’importazione che arriva nei porti del nord Europa. Senza contare che quest’anno la produzione interna è diminuita a causa della siccità, che ha reso improduttivi 26 mila ettari concentrati in Lomellina e nel Basso novarese, e di una minor semina (9 mila ettari in meno).

In questo scenario il timore emerso durante il convegno che si è tenuto presso il Centro Ricerche Riso dell’Ente Nazionale Risi, alla presenza in sala di oltre 250 risicoltori, è quello che molti agricoltori, intimoriti dalle prospettive future, possano abbandonare il riso per passare ad altre coltivazioni ritenute più interessanti e remunerative, come mais, soia o girasoli.

Per rispondere alla crescente domanda di riso, l’appello lanciato dall’Airi, l’associazione delle industrie risiere e dal suo presidente Mario Francese ai numerosi risicoltori presenti in sala, è quello di passare a 250.000 ettari, raggiunti solo nel 2011, di aree coltivate.

Se i dati parlano di uno spazio di mercato per il riso italiano in progressiva crescita – ha commentato il Presidente AIRI Mario Francese – questo spazio va conquistato garantendo un’adeguata produzione di materia prima e prezzi al consumo che evitino rischi di contrazione. La tendenza positiva dei consumi rischia però di frenare, come in parte sta avvenendo quest’anno, a causa di prezzi al consumo elevati. Dobbiamo stare attenti – ha continuato Francese – a non disabituare il consumatore al riso nazionale e a non metterlo nelle condizioni di scegliere prodotti alternativi”.

La crescita dell’inflazione ha interessato soprattutto i prodotti energetici e alimentari: il riso, secondo i dati ISTAT, ha subito una variazione di prezzo al consumo di +35,3% da novembre 2021 a novembre 2022, distinguendosi tra tutti i prodotti alimentari come quello che ha subito il maggior aumento di costo sul punto vendita.

La ricerca, sia pubblica (ENR) che privata (BASF) hanno confermato l’interesse ad investire nel settore, per rispondere alla forte richiesta soprattutto europea di sostenibilità

Dalla platea un segnale di disponibilità a fare gli sforzi richiesti dall’industria, ma per farlo è necessario un maggior coordinamento degli enti preposti alla gestione della risorsa idrica e sono necessari investimenti nel medio periodo in infrastrutture per salvaguardare questo bene che sarà sempre più prezioso nel prossimo futuro. La risicoltura può fare la sua parte con un maggior ricorso alla sommersione delle risaie anche nel periodo invernale in modo da contribuire al caricamento delle falde freatiche, evitando di perdere acqua che altrimenti se ne andrebbe velocemente al mare.