CRPV, meno plastica per la frutta. Al via il progetto STEP

Il Centro Ricerche Produzioni Vegetali di Cesena lancia un progetto per la riduzione dell’uso della plastica e l’individuazione di nuovi materiali amici dell’ambiente da utilizzare in campo e nel confezionamento della frutta. Alvaro Crociani, direttore CRPV: “Progetto di grande impatto economico e ambientale: fondamentale la sinergia con Università, Organizzazioni di produttori e aziende agricole”.

Domani, 22 aprile, in occasione della Giornata della Terra, CRPV – Centro Ricerche Produzioni Vegetali, in collaborazione con l’Università degli Studi di Modena e Reggio e l’Università di Bologna, Organizzazioni di Produttori e aziende agricole, lancia il progetto STEP con l’obiettivo di ridurre l’utilizzo della plastica in frutticoltura, dal campo allo scaffale della Grande Distribuzione, identificare materiali alternativi enviromental-friendly, biodegradabili e compostabili da utilizzare lungo tutta la filiera e ideare modelli virtuosi per valorizzare questi prodotti alla fine del ciclo di vita, trasformando i rifiuti in opportunità.

“Oggi la plastica convenzionale è ampiamente utilizzata lungo tutta la filiera ortofrutticola – spiega Alvaro Crociani, direttore di CRPV -, dalle pacciamature alle reti anti-grandine e anti-insetto, ai sistemi di irrigazione, a cui si aggiunge tutto il capitolo degli imballi utilizzati per il pack della frutta fresca e di IV gamma. Per decenni è stata considerata la soluzione migliore: affidabile, economica, capace di garantire la salubrità del cibo. Oggi, tuttavia, grazie ai progressi della scienza e della ricerca, abbiamo a disposizione diverse alternative possibili che potrebbero sostituire, in molti casi, la plastica convenzionale e generare percorsi virtuosi di riciclo e recupero. Con il progetto STEP – Strategie per la riduzione e razionalizzazione dell’uso delle plastiche nella filiera frutticola, non intendiamo demonizzare la plastica ma capire come utilizzarla al meglio, valorizzandola alla fine del suo ciclo di utilizzo, e individuare quali materiali maggiormente eco-compatibili potrebbero diventare la scelta ideale per il futuro della frutticoltura”.

Un percorso che parte necessariamente dall’analisi del quadro attuale: “Le alternative alla plastica convenzionale utilizzata in campo, in molti casi, esistono già, come il Mater-Bi per la pacciamatura – spiega il responsabile del progetto STEP per il CRPV, Daniele Missere – ma vengono utilizzate pochissimo: partiremo quindi dall’esistente, cercando di capire quali siano le barriere che impediscono la diffusione di questi materiali. Parallelamente lavoreremo anche sul fronte degli imballaggi per il confezionamento della frutta che, nell’ultimo anno, hanno avuto un ulteriore boom a causa del Covid. L’obiettivo è quello di riuscire a razionalizzare l’uso delle plastiche convenzionali tramite la riduzione della complessità dei pack e degli spessori, individuando nuovi materiali meno impattanti sull’ambiente, realizzati da fonti rinnovabili, biodegradabili e compostabili. La sfida è grande: la frutta è un prodotto vivo e non semplice da gestire garantendo salubrità, resistenza agli urti e trasparenza”.

Il percorso di STEP, realizzato nell’ambito del PSR 2014-2020 della Regione Emilia-Romagna per la durata di due anni, culminerà con la stesura di uno studio di fattibilità per la gestione del “fine vita” delle materie plastiche usate lungo la filiera: “Al termine del progetto – prosegue Missere – realizzeremo un documento che raccoglierà linee guida concrete che permetteranno a enti pubblici e multiutility di dare vita a servizi specifici di raccolta dei materiali plastici, convenzionali o alternativi, utilizzati lungo la filiera, trasformando lo scarto in nuove opportunità e valorizzando ciò che, fino a oggi, è soltanto un rifiuto ingombrante e, spesso, potenzialmente inquinante”.

Il progetto, che vede il coinvolgimento diretto di realtà di primo piano del mondo ortofrutticolo come Apofruit e Granfrutta Zani, nonché l’interesse di Apo Conerpo, Agribologna, Naturitalia e Orogel, si avvale dell’importante collaborazione di due prestigiosi istituzioni universitarie: “Il mondo del packaging alimentare deve molto ai materiali plastici, in termini di presentazione, ma soprattutto di conservazione – spiega la prof.ssa Patrizia Fava, docente di  Tecnologie Alimentari e Food Packaging dell’Università di Modena e Reggio Emilia – ma è tempo di cercare risposte nuove nel segno della sostenibilità. Con STEP vogliamo individuare quei materiali biodegradabili e compostabili che possono vantaggiosamente sostituire i vecchi polimeri di sintesi privilegiando, dove possibile, anche  l’utilizzo di prodotti derivati da materie prime rinnovabili e riciclabili come carta e polpa di cellulosa. Con il mio team, studieremo le proprietà di questi nuovi materiali e la loro prestazioni nel preservare la qualità dei frutti, per arrivare a definire quali possano dimostrarsi vincenti. E laddove la plastica convenzionale risulterà ancora imbattibile, punteremo a definire nuove modalità di utilizzo per ridurne consistentemente i volumi. Credo che il settore ortofrutticolo sia finalmente pronto per un salto di qualità e l’Emilia-Romagna, regione vocata all’innovazione, può essere ancora una volta capofila del cambiamento”.

Un cambiamento che investe tutto il ciclo del prodotto, dal suo utilizzo al suo recupero a “fine vita”: “Quando parliamo di economia circolare – spiega il prof. Augusto Bianchini, responsabile scientifico del progetto per il Centro Interdipartimentale di Ricerca Industriale FRAME dell’Università di Bologna – non è la singola iniziativa a fare la differenza. Occorre valutare come ogni azione si innesta nel contesto complessivo: il nostro obiettivo nell’ambito del progetto STEP sarà quello di misurare, con indicatori specifici, l’effettiva circolarità delle iniziative e il loro impatto globale. Per farlo, utilizzeremo il modello VIVACE (VIsualization of Value to Asses Circular Economy) registrato dall’Università di Bologna, che misura vantaggi e svantaggi di ogni iniziativa lungo tutti e tre gli assi della sostenibilità: economica, ambientale e sociale. In questo modo Istituzioni e aziende avranno a disposizione un metodo per valutare l’effettivo impatto complessivo dei nuovi materiali e studiare nuovi percorsi virtuosi di utilizzo e di valorizzazione: l’obiettivo è fare emergere chiaramente il gap esistente fra soluzioni sostenibili e soluzioni non più sostenibili”.